PRESCRIZIONE E DECADENZA CIVILE - SANITA' E SANITARI |
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di FIRENZE
02 Seconda sezione CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Susanna Zanda
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 5311/2017 promossa da:
M.T. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. PRONESTI' ORSOLA e dell'avv. CAPANO DIEGO ((...)) ; , elettivamente domiciliato in presso il difensore avv. PRONESTI' ORSOLA
ATTORE/I
contro
MINISTERO DELLA SALUTE IN PERSONA DEL MINISTRO P.T. L.R. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. AVVOCATURA DELLO STATO e dell'avv. , elettivamente domiciliato in VIA DEGLI ARAZZIERI 4 50129 FIRENZE presso il difensore avv. AVVOCATURA DELLO STATO
GESTIONE LIQUIDATORIA EX USL 12 AREA PISANA IN PERSONA DEL COMMISSARIO LIQUIDATORE P.T. L.R. (DIRETTORE GENERALE USL TOSCANA NORD OVEST) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. DI BUGNO ALESSANDRA e dell'avv. COLI ALESSIO ((...)) VIA A. COCCHI 7 56121 PISA; , elettivamente domiciliato in VIA COCCHI 7 56121 PISA presso il difensore avv. DI BUGNO ALESSANDRA
REGIONE TOSCANA IN PERSONA DEL PRESIDENTE P.T. L.R. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. FAZZI ANTONIO e dell'avv. , elettivamente domiciliato in PIAZZA DELL'UNITA' 1 50123 FIRENZE presso il difensore avv. FAZZI ANTONIO
CONVENUTO/I
U.A. SPA (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. NICCOLI VALLESI NICCOLO' domiciliato in VIA XX SETTEMBRE 78 50129
G.I. SPA rapp.ta avv.to Carlo Nardi
TERZI CHIAMATI
Con atto di citazione notificato nell'anno 2017 T.M. ha chiamato in giudizio il Ministero della Salute, la Regione Toscana, la Gestione liquidatoria dell'USL 12 per ottenere la loro condanna al risarcimento dei danni derivati dall'infezione HCV a suo dire contratta in occasione del ricovero 31.10.91-11.11.91 e successivamente 2.10.94 - 21.10.94 presso l'Ospedale Santa Chiara di Pisa;
- In particolare ha esposto che nel corso dei ricoveri ma soprattutto nel primo ricovero, gli era stata fatta una emotrasfusione o comunque la somministrazione di plasma con emoderivati, e comunque la somministrazione di un prodotto che richiedeva la rigorosa osservanza del rispetto di linee guida per la sanitizzazione degli ambienti e dello strumentario (aghi, cannule) al fine di prevenire le infezioni virali e batteriche;
- ha quindi allegato che nell'anno 1999 si manifestavano in lui alcuni sintomi debilitanti quali stanchezza e insonnia per cui aveva svolto degli accertamenti diagnostici, così scoprendo di essere positivo al virus di Epatite C, affetto dunque da epatite C correlata con evoluzione cirrotica;
- per questo motivo aveva chiesto all'ospedale di Santa Chiara di Pisa le cartelle cliniche dei due ricoveri che aveva subito qualche anno prima, così scoprendo di aver ricevuto la trasfusione di PLASMA EXP oltre la manovra cruenta subita per la correzione della lombosciatalgia, tutte prestazioni sanitarie a rischio di infezioni nosocomiali se svolte senza rigoroso rispetto delle linee guida per la sanitizzazione dello strumentario e l'uso di presidi chirurgici, quali guanti monouso e sanitizzazione dei ferri o uso di aghi ben disinfettati prima del reimpiego su altro paziente.
- Ha anche dedotto che al momento di ingresso all'ospedale di Santa Chiara nel 1991 il suo fegato era sano e non presentava alcuna problematica e che successivamente non si è trovato esposto ad alcuno dei noti fattori di rischio, quali prestazioni odontoiatriche, comportamenti sessuali promiscui, convivenza o contatti ravvicinati con persone positive per epatite C ecc..
- Ha concluso che l'unica eziologia dell'infezione HCV la cui positività emerge dal certificato di laboratorio 23.2.99 sono le prestazioni sanitarie ricevute presso l'Ospedale Santa Chiara di Pisa nei due ricoveri del 1991 e del 1994;
- A tal riguardo ha allegato che vi sono stati fattori di rischio connessi all'infusione di sostanze artificiali e/o emocomponenti soggetti a rischio di inquinamento secondario di flaconi già aperti e trattati con strumenti clinici, come aghi e cannule, non sterilizzati, e quindi, in ultima analisi, al ricovero effettuato presso l'ospedale Santa Chiara di Pisa negli anni 1991-1994 (cd. danno nosocomiale o per via parenterale), non essendo, sempre a parere dell'attore, configurabili altre possibili cause del danno;
- Ha dedotto che sarebbe mancato il rispetto, da parte della struttura ospedaliera, delle primarie condizioni igienico sanitarie che devono accompagnare l'esecuzione di qualsiasi intervento chirurgico e che devono essere garantite per tutto il corso della degenza ospedaliera, costituendo un minimo di diligenza assolutamente imprescindibile, essendo la patologia derivata presumibilmente da errata manovra per l'impiego di strumenti già utilizzati su pazienti portatori del virus e/o contaminati e/o non debitamente sterilizzati;
Per questi motivi in data 28.4.2006 (in realtà in data 10.2.2003 prot. (...)) il T. aveva inoltrato domanda di indennizzo amministrativo ex L. n. 210 del 1992;
- la Regione Calabria Dipartimento Tutela della Salute informava il Sig. T. che, dalla diagnosi effettuata, egli risultava affetto da "Epatite cronica HCV correlata (HCV RNA positività), ascrivibile alla ottava categoria della tabella A allegata al D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834". Con la medesima comunicazione la Regione Calabria negava il nesso di causalità tra le trasfusioni subite dall'attore e l'infermità riscontrata, giudicando la somministrazione di Plasma-Exp non assimilabile ad una emotrasfusione nel senso inteso dalla legislazione speciale.
Poiché il T. riteneva comunque di aver contratto l'epatite C nel ricovero del 1991, dove era entrato sano senza epatite C, in data 20.6.08 a mezzo del suo legale aveva inoltrato una diffida al Ministero della Salute per ottenere i danni da emotrasfusione;
Perdurando il silenzio della PA il T. in data 25.5.09 depositava ricorso per 696 bis c.p.c. presso il tribunale di Cosenza -notificandolo al Ministero della Salute e successivamente notificava in data 3/08/2009 un atto di integrazione del contraddittorio nei confronti della Gestione liquidatoria ex USL 12 (ex art. 696-bis c.p.c. R.G. n. 2910/2009 - Tribunale di Cosenza).
Il tribunale di Cosenza si era dichiarato incompetente in favore del tribunale di Firenze.
Successivamente il T. personalmente in data 20.6.2014 al fine di interrompere la prescrizione nuovamente diffidava il Ministero a liquidare il danno per l'infezione contratta in ospedale a seguito dell'intervento chirurgico effettuato senza osservanza dei protocolli atti a prevenire il rischio di infezioni nosocomiali.
Infine non ricevendo soddisfazione delle proprie ragioni di credito, attivava nei confronti di tutti gli odierni convenuti, il procedimento di mediazione, propedeutico all'instaurazione del presente giudizio.
Ha quindi attivato l'odierno giudizio allegando - sulla legittimazione passiva - che siccome l'ospedale Santa Chiara era privo di personalità giuridica non essendosi costituito a Presidio ospedaliero, aveva conservato la sua tipica natura di presidio dell'unità sanitaria locale.
Ma secondo l'orientamento giurisprudenziale dominante, a causa ella soppressione delle USL di cui alla L. n. 724 del 1994 la legittimazione di tutti i rapporti delle unità soppresse era passata alle Regioni in concorso con le Gestioni stralcio rappresentate dal direttore generale delle neocostituite A..
Pertanto ha citato: 1) la Regione Toscana; 2) la Gestione Liquidatoria ex USL 12 area pisana, in persona del direttore generale di A.T. nord ovest che aveva inglobato i rapporti facenti capo all'U.P. e 3) il Ministero della Salute e a seguito di costituzione di Gestione Liquidatoria con chiamata di terzo, hanno partecipato al giudizio anche le assicuratrici U. e G.I..
Ha dedotto a seguito delle avverse eccezioni di prescrizione che il credito non era prescritto in quanto la prescrizione era decennale per la struttura ex art. 1218 c.c. e dunque per Regione Toscana e Gestione liquidatoria, mentre per quanto riguarda il Ministero della Salute - responsabile per violazione del neminem laedere in rapporto al suo dovere di generale vigilanza sulle prestazioni sanitarie - erano state inoltrate anche le diffide sopra-esaminate che avevano prodotto l'effetto di interrompere la prescrizione non solamente nei confronti del Ministero cui erano destinate ma anche nei confronti dei condebitori solidali, secondo quel principio di estensione dell'effetto interruttivo della prescrizione sancito dall'art. 1310 c.c. tra condebitori solidali. Inoltre il T. aveva depositato il ricorso ex art. 696 bis c.p.c. al tribunale di Cosenza in data 25.5.09, notificato anche a Gestione liquidatoria e la più recente domanda di mediazione 4.1.17 (verso tutte le parti di questo giudizio); dunque non era decorso il termine di prescrizione che parte dalla consapevolezza della riconducibilità dell'infezione al ricovero all'ospedale santa chiara di sia e dunque dalla data di inoltro della domanda d'indennizzo del 2006, o al più dal 2003. Ha negato che la prescrizione possa decorrere dalla scoperta di positività al virus del febbraio 99, non essendo detto certificato sufficiente per poter affermare che l'attore avesse anche consapevolezza a quella data delle cause dell'infezione e della responsabilità dei convenuti.
Dunque ciascuno di tali atti stragiudiziali ha avuto l'effetto di interrompere la prescrizione anche verso gli altri condebitori ai sensi dell'art. 1310 c.c.
GESTIONE LIQUIDATORIA EX USL 12 AREA PISANA
Si è costituita in causa la gestione liquidatoria ex USL 12 area Pisana, eccependo la prescrizione interruttiva, primo atto interruttivo nei suoi confronti essendo la domanda di mediazione depositata in data 18.1.2017.
Sugli asseriti atti interruttivi della prescrizione ha osservato come le lettere di richiesta di risarcimento danni indirizzate esclusivamente all'Azienda U.P. non possono ritenersi idonee ad interrompere i termini di prescrizione, stante la legittimazione passiva esclusiva della Gestione Liquidatoria dell'ex Usl 12 Pisa per tutti i rapporti giuridici già facenti capo alla disciolta Usl 12.
Con la soppressione delle Unità Sanitarie Locali a far data dal 31.12.1994 e l'istituzione delle Aziende S.L.(A.) a partire dal 1 gennaio 1995 (art. 6 L. 23 dicembre 1994, n. 724 e art. 2 comma 14 L. 28 dicembre 1995, n. 549) non si è verificata alcuna successione a titolo universale nei rapporti giuridici di cui erano titolari le prime e pertanto, nel caso di specie, per qualsiasi fatto illecito asseritamente avvenuto prima del 31.12.1994, non poteva essere chiamata a risponderne l'A.P., dato che l'istituzione delle Sezioni Stralcio, prima, e delle Gestioni Liquidatorie, poi, aveva proprio lo scopo di tenere separate le attività dio accertamento e le obbligazioni delle Usl da quelle delle neo istituite aziende S.. Perciò, ai fini della valida interruzione del termine di prescrizione, ogni richiesta risarcitoria doveva necessariamente essere rivolta nei confronti della Gestione Stralcio, divenuta poi Gestione Liquidatoria della stessa Usl 12, quale successore della soppressa Usl 12 e non nei confronti dell'Azienda U.P., carente di legittimazione passiva.
Neanche la presentazione della domanda amministrativa di indennizzo ex L. n. 210 del 1992 può avere avuto alcun effetto interruttivo rispetto alla diversa domanda di risarcimento danni, attesa l'ontologica diversità tra indennizzo e danno, anche se preme ricordare che, nel caso che ci occupa, la suddetta domanda presentata dal sig. T. è stata respinta in quanto la somministrazione di "plasma expander", ovvero di un mero sostituto del plasma, non era assimilabile a una emotrasfusione e, in quanto tale, era insuscettibile di provocare il contagio col virus dell'epatite C.
Ha rilevato che il ricorso per consulenza tecnica preventiva ex art. 696 bis c.p.c. dinanzi al Tribunale di Cosenza notificato in data 3.8.2009 anche alla Gestione Liquidatoria ex Usl 1 area pisana, dopo che il medesimo ricorso era stato notificato, in prima battuta, all'Azienda U.P. e all'Azienda e all'azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, pacificamente prive della legittimazione passiva, verteva esclusivamente sul presunto danno causato dalla somministrazione di "plasma expander" connesso all'intervento chirurgico effettuato a Pisa in data 4.11.1991 e non, come l'odierno giudizio, su infezione nosocomiale per mancata profilassi antinfettiva.
Detto procedimento 696 bis c.p.c. - che si è concluso con l'accoglimento dell'eccezione preliminare di incompetenza territoriale del tribunale cosentino a favore di quello pisano procedimento mai riassunto dinanzi al Tribunale di Pisa dichiarato competente - appare dunque del tutto diverso per causa petendi, petitum e per circostanze temporali, da quello successivamente instaurato sia con l'istanza di mediazione che con l'odierno giudizio di merito ove, invece, si lamenta una infezione nosocomiale contratta negli anni che vanno dal 1991al 1994; la Gestione Liquidatoria ha dunque osservato che ben può concludersi che il predetto ricorso 696 bis c.p.c. potrebbe non aver prodotto la salvezza dei cc. dd. effetti sostanziali (id est: interruzione istantanea e permanente della prescrizione) tipici di una domanda giudiziale, dato che hanno due diversi oggetti.
Per tale motivo è da ritenersi prescritto il diritto al risarcimento collegato al danno da infezione nosocomiale asseritamente subito dal sig. T. nell'arco temporale 1991-1994 e oggetto dell'odierno giudizio, denunciato, per la prima volta, nei confronti di questa Gestione Liquidatoria solo in data 16.11.2017 tramite la domanda di mediazione obbligatoria instaurata presso la C.C.I.A.A. di Firenze, sia che si prenda come riferimento temporale circa l'avvenuta conoscenza qualificata del danno il 23.02.1999 (data in cui, diagnosticata l'epatite cronica HCV, il sig. T. ha realisticamente e credibilmente potuto ricollegare l'evento alla condotta lesiva poi denunciata, essendo già in possesso della cartella clinica afferente il ricovero del 1991), come ritenuto da Gestione Liquidatoria sia che si prenda come riferimento la data del 10.02.2003, data di presentazione della domanda amministrativa di indennizzo ex L. n. 210 del 1992 rigettata dalla Commissione medico ospedaliera per il fatto che si era trattato di somministrazione di"plasma-expander" e in particolare di Emagel ovvero un mero sostituto artificiale del sangue.
Inoltre ha rilevato nel merito che non vi sarebbe alcun nesso di causa tra infezione e ricovero del 1991 e che dapprima il T. aveva tentato di ottenere l'indennizzo da emotrasfusione nel 2003; tuttavia, ottenendo un rigetto della sua domanda in quanto non vi era stata alcuna "emotrasfusione" aveva tentato in tutti i modi di addebitare ai convenuti la responsabilità della sua infezione, che potrebbe essere stata contratta nei più svariati modi e così inventandosi in questo giudizio una possibile inottemperanza alle linee guida in tema di sanitizzazione degli ambienti chirurgici e degli strumenti, costruendo tale eziogenesi a posteriori solo dopo il rigetto dell'indennizzo in via amministrativa per l'inesistente emotrasfusione.
Ha anche rilevato che come risultava dalla cartella di ricovero del 1991 il T. aveva riferito di avere il sospetto di avere in passato contratto "l'epatite B (?)", ciò che denota come l'infezione maldestramente indicata come B piuttosto che come C potesse essere anche preesistente allo stesso ricovero del 91.
La gestione liquidatoria ha dunque preliminarmente eccepito la prescrizione e secondariamente dedotto il difetto di nesso di causa tra infezione e ricovero e comunque ha chiesto di chiamare in causa sia U. che G.I. Spa sulla base delle due polizze sottoscritte.
REGIONE TOSCANA
Ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva essendo le Gestioni liquidatorie costituite in seno alla Regione Toscana gli unici soggetti da citare in causa; in ogni caso si tratterebbe dello stesso soggetto agendo le Gestioni liquidatorie delle soppresse USL in nome e per conto della Regione Toscana.
Inoltre sul merito ha dedotto come l'attore non abbia nemmeno individuato con un minimo di attendibilità la prova del fatto storico che si porrebbe come causa dell'evento lesivo né ha introdotto in giudizio alcun principio di prova in tal senso. Come ci ricorda la giurisprudenza, l'onere di provare il nesso di causalità grava senza dubbio sul danneggiato, sia con riferimento al nesso causale materiale che al nesso causale giuridico. Pertanto anche la Regione si è opposta alla ctu che avrebbe carattere esplorativo.
U. SPA
Anche U. ha rilevato che il credito è prescritto ai sensi dell'art.2946 e/o 2947 I comma c.c. in relazione al disposto di cui all'art. 2935 c.c.; infatti, il "dies a quo" del termine prescrizionale deve decorrere dall'anno 1999 nel quale venne diagnosticato all'odierno attore la positività all' HCV con diagnosi di "epatite cronica HCV correlata" ; infatti sin dal 15.4.1996 l'attore era in possesso della cartella clinica e dunque era a conoscenza di quali trattamenti con la dedotta esposizione a rischio infettivo gli erano stati praticati all'Ospedale Santa Chiara sì da poter essere consapevole del presunto nesso di causa tra prestazioni sanitarie e infezione; ragion per cui il diritto al risarcimento vantato dal Sig. T. dovrà ritenersi prescritto fin dall'anno 2006 ovvero ben 11 anni prima della notifica dell'atto introduttivo del presente giudizio. Ciò detto, anche ove si volesse far decorrere il termine prescrizionale dalla presentazione della domanda amministrativa di indennizzo ex L. n. 201 del 1992 ovvero dal 10 febbraio 2003, atto che si ritiene inidoneo ad interrompere il termine prescrizionale, il diritto vantato dall'odierno attore sarebbe comunque abbondantemente prescritto a far data dal10 febbraio 2013, ovvero ben 4 anni prima della notifica dell'atto di citazione da parte del T..
G.I. SPA
Costituitasi anche la compagnia G.I. ha esposto di essere garante della gestione liquidatoria (all'epoca denominata A.) a far data dal 30/06/1992 al 30/06/1996(e non al 30/06/1997, come erroneamente asserito dal Difensore della stessa Gestione Liquidatoria) mentre l'U., sempre Assicuratore per la responsabilità civile era garante per il periodo pregresso14/11/1983-30/06/1992.
Ha esposto che l'attore era a conoscenza che non gli era stato trasfuso sangue umano sin dal 1996, allorquando chiese e ottenne copia della cartella clinica del 1991 come risulta dall'ultima pagina della cartella stessa (V. "DIREZIONESANITARIA-ESEGUITA FOTOCOPIA15/04/1996" pag. 32 del documento prodotto con la memoria attorea n.2del 7/01/2019).
Ha eccepito che l'epatite fu diagnosticata in data 23/02/1999,così come risulta dalla pag.3 del doc. 3 attoreo (e cioè dalla nota del Difensore dell'attore datata 26/11/2004 all'U.C. in cui leggesi: "... Il 23/02/1999 è affetto da epatopatia cronica HCV correlata").
Dunque l'attore venne immediatamente a conoscenza del presunto collegamento causale "plasma exp.epatite HCV". Ergo, l'esordio della prescrizione è da fissare alla ridetta data del 23/02/1999perché,se è vero che la Giurisprudenza insegna come la data di presentazione della domanda di indennizzo ex L. n. 210 del 1992 sia "la barriera preclusiva finale della consapevolezza del danneggiato"(V. per tutti Cass.14/06/2013 n.14932), ciò non toglie che tale consapevolezza di fatto possa essere antecedente
Di qui il dies a quo della prescrizione da individuare con la citata data del 23/02/1999.Da ciò ne deriva la tardività della richiesta del presunto danno da trasfusione di plasma -exp.,-(desumibile dall'atto di integrazione del contraddittorio nel procedimento di CTP ex art. 696-bis c.p.c. R.G. n. 2910/2009 avanti il Tribunale di Cosenza -V. il doc. attoreo 8-notificato il 3/08/2009)-,essendo essa intervenuta per la prima volta dopo la scadenza del termine decennale della prescrizione ordinaria ex art. 2946 c.c.
Altrettanto è da dirsi per il presunto danno da infezione nosocomiale, che fu prospettato contro la Gestione Liquidatoria solo con la citata pec 16/01/2017, con cui il mediatore del Servizio di conciliazione presso la C.C.I.A.A. di Firenze ebbe a convocare la stessa Gestione Liquidatoria in relazione al procedimento di mediazione n. 3/2017 introdotto dall'attore per la controversia avente per oggetto "richiesta risarcimento danni da responsabilità medica-contagio nosocomiale da HCV" Dunque ha eccepito la prescrizione e l'inoperatività della polizza essendo pervenuta alla ridetta Gestione Liquidatoria la richiesta di danni per l'asserita emotrasfusione in occasione dell'intervento chirurgico del 4/11/1991,in data 3/08/2009 e, quanto a quella per altrettanto asserito contagio nosocomiale o per via parenterale, riconducibile ai ricoveri presso la predetta Usl12 del 31/10/1991-11/11/91 nonché del 12/10/1994-21/10/1994, in data 16/01/2017e quindi, oltre, tredici anni(per richiesta danni per emotrasfusione) o, addirittura, oltre venti anni, dopo la cessazione del contratto stesso, verificatasi per "storno" con effetti dalle ore 24 del 30/06/1996 con inoperatività del ridetto contratto. Infatti il disposto dell'art.1 delle c.p.a. della polizza n. (...) (ns. doc.2), rubricato "Inizio e termine della garanzia" recita: "L'Assicurazione vale per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta dallo Assicurato nel corso del periodo di efficacia dell'assicurazione, o entro un anno dopo la cessazione del contratto, a condizione che tali richieste siano conseguenti a comportamenti colposi posti in essere non oltre un anno prima della data di effetto della assicurazione".
In data 14 ottobre 2020 nel corso di un'udienza "in presenza" la causa è stata spedita in decisione in periodo di pandemia da coronavirus.
Tanto premesso sulla natura della responsabilità della struttura sanitaria nei confronti del diretto interessato - il paziente - si rileva che trattasi di responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c., per cui la durata della prescrizione è decennale, mentre la natura della responsabilità del Ministero rientra nel dovere generale del neminem laedere in rapporto ai generali poteri di sorveglianza sulla generalità delle prestazioni sanitarie- secondo la giurisprudenza formatasi nella materia specifica delle emotrasfusioni, con conseguente prescrizione quinquennale (vd. Recente sent. cass. Sentenza n. 14615 del 09/07/2020).
Sulla legittimazione passiva alla domanda relativa ad obbligazione di disciolta USL si veda cass. 14245/2020 che conferma l'indirizzo consolidato che individua detta legittimazione nella Gestione liquidatoria costituita in seno alle Regioni, da intendersi quale organo dotato di autonomia contabile, amministrativa e di una limitata soggettività giuridica-limitata cioè ai rapporti obbligatori delle soppresse USL- e dotata anche di "rappresentanza processuale" per i medesimi rapporti; la Gestione liquidatoria che agisce ed è convenuta in nome e per conto della Regione, è rappresentata da un Commissario Liquidatore che coincide con il Direttore generale della neocostituita A., anche se l'obbligazione non ha nulla a che vedere con l'A. di nuova istituzione (vd. cass. s.u. 10135/12; 2208/13; 6208/13; Cons. Stato 2922/17; 458/2016; 486/2004).
Dunque in questo caso particolare la legittimazione spetta alla Gestione Liquidatoria della disciolta USL 12 Area Pisana, rappresentata dal direttore generale dell'A., correttamente citata in causa e secondo la giurisprudenza citata spetta anche alla Regione Toscana, perché titolare del rapporto sostanziale obbligatorio, subentrata ex lege nell'obbligazione della disciolta USL 12 (L. n. 724 del 1992).
Quindi l'azione nei confronti della Regione Toscana e dell'organismo costituito in seno ad essa, la Gestione Liquidatoria ex Sul 12, è un'azione contrattuale a prescrizione decennale.
Si conferma quanto esposto da Regione Toscana, sul fatto che Gestione Liquidatoria e Regione Toscana siano in realtà per l'obbligazione dedotta nel presente giudizio, un unico soggetto, ossia un unico centro di imputazione di interessi, e per tale motivo è rimesso ad una libera scelta della Regione, di costituirsi con sue distinte difese, invece che a mezzo di unica difesa; certamente questo giudice non potrà disporre l'estromissione di regione Toscana in quanto è proprio la titolare del rapporto sostanziale dedotto in giudizio, né tantomeno la gestione liquidatoria, costituita per legge quale organo in seno alla Regione, dotata di legittimazione processuale per detta obbligazione.
Quanto al Ministero della Salute e alla sua legittimazione passiva si osserva che l'attore non rinuncia ad indicare anche nella somministrazione di Plasma EXP la causa della sua infezione allegando un potere di sorveglianza generale sulle prestazioni sanitarie che la giurisprudenza ammette. Essendo tuttavia la responsabilità del Ministero fondata sull'art. 2043 c.c. la prescrizione della domanda nei suoi confronti è quinquennale.
Sul dies a quo della prescrizione esso è per tutti la data della prima richiesta di indennizzo amministrativo; infatti la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato che la prescrizione decorre non dal certificato di (laboratorio) di positività al virus HCV ma dalla consapevolezza in capo al T. della responsabilità della struttura; dunque non è sufficiente che il certificato "di laboratorio" attesti la positività al virus di epatite c se poi difetta in esso qualsiasi indicazione di un medico al paziente sulla causa dell'epatite; vd. per analogo caso di referto di laboratorio privo di indicazione del medico al paziente sulla causa dell'infezione Cass. Ordinanza 24164/2019.
Non si accetta dunque la tesi dei convenuti e delle compagnie assicuratrici sul dies a quo della prescrizione a far tempo dal certificato di laboratorio del 1999, anche se nel 96 il T. aveva già ritirato la cartella die due ricoveri dove erano descritte le prestazioni sanitarie presuntivamente infettivogene; dunque l'unico momento nel quale può dirsi provato che il T. fosse posto in grado di esercitare il suo diritto è quello in cui presentò la domanda di indennizzo nel 2003 essendo certo che a quella data aveva acquisito consapevolezza del possibile nesso eziologico tra le prestazioni sanitarie ricevute durante i ricoveri al Santa Chiara di Pisa del 1991 e 1994 e l' infezione da epatite C.
Si ammette anche che il ricorso ex art. 696 bis c.p.c. presentato dinanzi al tribunale di Cosenza e giudicato proposto a giudice incompetente per territorio, abbia conservato il suo effetto interruttivo della prescrizione decennale nei confronti sia della Gestione liquidatoria che nei confronti del Ministero.
Non si condivide quella dicotomia proposta da U. e G.I. laddove distinguono tra una decorrenza della prescrizione rispetto ad una domanda di risarcimento per infezione da emotrasfusione (con prescrizione decorrente dal 2003 in occasione della domanda di indennizzo da emotrasfusione), rispetto alla domanda di risarcimento per infezione nosocomiale (per la prima volta notificata con la domanda di mediazione nel 2017 e dunque tardivamente).
Infatti si noti che l'attore lamenta in ogni caso che in occasione del ricovero ospedaliero del 1991 e 94 contrasse un'infezione ovvero l'epatite C e allega quindi la responsabilità della struttura per la lesione alla propria integrità fisica in conseguenza delle prestazioni infettivogene ricevute; egli lamenta che le prestazioni sanitare ricevute nel 1991 ovvero la somministrazione del plasma ex e la manovra cruenta consistita nella correzioni chirurgica della lombosciatalgia, possano (più probabilmente che non ) essere poste in relazione causale con l'infezione da epatite C, essendo prestazioni sanitarie efficienti rispetto al danno subito oltre che essere le uniche possibili cause, e ciò per l'esclusione di altri fattori di rischio, come diffusamente indicato in citazione.
Il petitum è dunque il risarcimento in moneta del danno alla salute per contrazione di quel virus prima inesistente e dunque un peggioramento delle condizioni di salute rispetto all'ingresso, e la causa petendi è la prestazione sanitaria inesatta, ricevuta durante il ricovero del 1991 che non lo aveva adeguatamente protetto dal rischio infettivo.
Non importa quindi che l'attore abbia indicato l'inadempimento della struttura e la mancata protezione della sua persona davanti all'infezione HCV alternativamente o anche cumulativamente nella emotrasfusione o nella inosservanza delle linee guida e protocolli sulla profilassi antinfettiva atta a prevenire proprio le infezioni nosocomiali.
Ciò non sposta causa petendi e petitum né conseguentemente i termini della decorrenza della prescrizione che per la domanda di risarcimento formulata in questo giudizio è sempre da fissare al 2003 data in cui l'attore può aver maturato la consapevolezza di aver contratto l'infezione durante i ricoveri al Santa Chiara.
L'attore non ha l'onere di allegare - né è vincolato nel farlo- una specifica imperizia della struttura, non deve insomma indicare dove la struttura abbia errato, e ciò per il principio della vicinanza della prova e per la stessa disposizione dell'art. 1218 c.c. che semplicemente impone all'attore di allegare il peggioramento della sua condizione fisica a seguito della prestazione ospedaliera ricevuta e globalmente intesa, e non già valutando la prestazione sanitaria in modo parcellare come la sequenza delle specifiche prestazioni che la compongono.
Sul punto proprio in materia di responsabilità sanitaria giova richiamare un precedente della suprema Corte di Cassazione, che aveva ammesso la correttezza della decisione di una corte d'appello, con cui era stata affermata la responsabilità della struttura anche con riferimento ad una imperizia diversa da quella tempestivamente allegata da parte attrice; la Corte insomma, proprio in caso responsabilità sanitaria ha affermato che l'allegazione da parte del danneggiato di un inadempimento qualificato specifico a sostegno del petitum (richiesta danni), non impone al giudice di pronunciarsi rigidamente solo su quello, ma consente e impone anzi al giudice di riconoscere anche un diverso inadempimento qualificato, diverso da quello originariamente indicato dall'attore, e ciò perché, si legge nella Sentenza n. 6850del20/03/2018 (che aveva confermato la sent. della corte d'appello di REGGIO CALABRIA, 08/05/2014): "in tema di responsabilità sanitaria, qualora sia proposta una domanda risarcitoria nei confronti di una struttura ospedaliera e di un suo ausiliario allegando la colpa esclusiva di quest'ultimo, il giudice non è rigidamente vincolato alle iniziali prospettazioni dell'attore, stante la inesigibilità della individuazione "ex ante" di specifici elementi tecnico-scientifici, di norma acquisibili solo all'esito dell'istruttoria e dell'espletamento di una c.t.u, potendo pertanto accogliere la domanda nei confronti della struttura in base al concreto riscontro di profili di responsabilità diversi da quelli in origine ipotizzati, senza violazione del principio di corrispondenza".
Questo orientamento appare tra l'altro del tutto coerente anche con il principio di vicinanza della prova e col fatto che quindi l'attore, che normalmente subisce l'intervento chirurgico spesso in condizioni di anestesia, nulla potrebbe sapere di ciò che è avvenuto nel corso dello stesso, se non traendo elementi dalla cartella clinica in possesso della stessa struttura e da essa unilateralmente compilata sia pure assistita da querela di falso, azione difficilmente azionabile per indisponibilità delle prove.
Pertanto vista la difficoltà di valutare l'operato parcellizzato dei singoli sanitari che si sono alternati su vari turni nella cura h. 24 del paziente ricoverato presso la struttura e considerato che comunque l'attore agisce non contro i singoli sanitari ma contro la struttura e così intendendo coprire con la sua domanda indistintamente l'operato di tutti i sanitari della struttura, a fronte di ogni possibile inadempimento qualificato emergente dalle carte processuali a seguito di ctu, appare condivisibile quel principio dianzi richiamato e che è stato recentemente affermato dalla suprema Corte di Cassazione nell'anno 2018; tale principio esprime anche un'un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 112 c.p.c. In rapporto al giusto processo di cui all'art.111cost.("la giurisdizione si attua mediante un giusto processo"), invitando l'operatore del diritto ad una interpretazione meno formalistica e più sostanzialistica della regola della corrispondenza tra chiesto e pronunziato; dunque l'interprete non potrà irrigidirsi nell'accertamento dello specifico inadempimento qualificato descritto dall'attore nella fase stragiudiziale o anche giudiziale prima della ctu, allorquando sia comunque emerso un inadempimento qualificato riferibile ai medici della struttura convenuta, e nel corso dei fatti tempestivamente allegati dall'attore (ricovero nel 1991 con somministrazione di plasma EXP e con intervento cruento); dunque si potrebbe concludere che ciò che vincola l'indagine del giudice sono i fatti allegati piuttosto che i giudizi sui fatti offerti dall'attore.
Per questi motivi la prescrizione decorre dal 2003 ovvero dall'inoltro della domanda di indennizzo, e ciò per l'odierna domanda risarcitoria di danno per aver contratto l'epatite C nel corso dei ricoveri al Santa Chiara dove subì sia la somministrazione di plasma expander che l'intervento cruento per correzione di lombosciatalgia. Conseguentemente unico è il dies a quo della prescrizione fissato al 10.2.2003.
L'attore ha quindi interrotto la prescrizione nei confronti di Gestione liquidatoria nel 2009 quando le aveva notificato il ricorso 696 bis c.p.c. deducendo di aver contratto l'infezione a causa delle prestazioni sanitarie ricevute nel 1991 e poi ancora nel 2017 allorquando ha notificato la domanda di mediazione.
Tutti gli atti interruttivi sono avvenuti nel decennio decorrente dal 2003 e dunque l'azione è tempestiva.
In relazione alla posizione del Ministero si aggiungono (al ricorso 696 bis del 2009) le diffide 2006, 2008 e 2014 che pure hanno agito in senso interruttivo rispetto al dies a quo 2003. Inoltre effettivamente l'art. 1310 c.c. trova applicazione per obbligazioni solidali anche a diversi titoli come fondatamente dedotto dall'attore; l'azione non è prescritta nemmeno verso il Ministero.
Sul merito si osserva che la causa deve proseguire per una valutazione medica sull'idoneità del plasma EXP a trasmettere l'infezione, e sul rispetto delle linee guida e protocolli da parte della struttura atti a prevenire il rischio di infezioni, tenuto conto del materiale probatorio in atti e delle indagini consentite al ctu dall'art. 194 disp. AtT. C.p.c.
Il ctu dovrà anche vagliare se sia possibile, sulla scorta della documentazione sanitaria (eventuali esami del sangue a suo tempo svolti e altre indagini propedeutiche all'intervento chirurgico), condividere quanto allegato dall'attore sull'assenza di infezione al fegato all'ingresso al santa Maria Chiara nel 1991, e sull'assenza in generale di patologie epatiche all'ingresso, tenuto conto che lui stesso aveva dichiarato di aver contratto un'infezione virale (forse la B) come denota il punto interrogativo che si ritrova in anamnesi nella cartella clinica del 1991, cui hanno fatto seguito i markers virali per epatite B eseguiti di conseguenza al Santa Maria Chiara nel 1991 e risultati negativi (per epatite B), e tenuto conto che l'attore aveva dichiarato in sede di anamnesi di aver anche ricevuto terapia antivirale prima del ricovero del 1991.
Il ctu dovrà inoltre riferire sull'idoneità del plasma EXP a trasmettere l'infezione non essendo chiaro (anche dopo aver letto il foglietto illustrativo in atti) se l'Emagel abbia un qualche componente emoderivato idoneo allo scopo.
La causa deve dunque essere rimessa in istruttoria per la ctu medico legale.
PQM
Il tribunale
non definitivamente pronunziando
1. Rigetta le eccezioni di prescrizione;
2. dispone come da separata ordinanza per l'ulteriore corso del giudizio.
Così deciso in Firenze, il 11 dicembre 2020.
Depositata in Cancelleria il 11 dicembre 2020.